La celebre casa di produzione ha prodotto una serie di corti, girati dai dipendenti dell’azienda sulla base di esperienze personali.
“Float” racconta la storia di un padre che cerca di tenere nascosta alla società la capacità del figlio neonato di volare, una caratteristica che rende il ragazzo diverso dagli altri bambini. Il film di sei minuti, ovviamente, è più profondo di così. Presenta una potente metafora dell'autismo e un chiaro appello ad abbracciare le differenze in una società che sollecita incessantemente il conformismo.
Sono stata rincuorata nell'apprendere che "Float" è basato sull'esperienza di vita reale del creatore del film Bobby Alcid Rubio, il cui figlio è affetto da disturbi dello spettro autistico, ed è il primo film Pixar a presentare i filippini americani come personaggi principali. "Float" ha reso visibile ciò che le persone spesso non vedono, la lotta interna che alcuni genitori sperimentano mentre imparano ad accettare i propri figli esattamente come sono. C'è una scena straziante in "Float" in cui il padre, in un momento di frustrazione, urla a suo figlio: "Perché non puoi essere normale?" Quelle sei parole sono l'unico dialogo del film, ma la dicono lunga. Quale genitore di un/a bambino/a con disabilità non si è sentito così a un certo punto del suo viaggio verso l'accettazione? Questi sono i tipi di emozioni che i genitori hanno, ma non possono dire ad alta voce per paura di essere giudicati.
Quei sentimenti non riguardano tuo figlio/a, a dire il vero, riguardano le tue stesse frustrazioni per il motivo per cui tutto sembra più difficile di quanto dovrebbe essere.
“Per accettare mio figlio a causa della sua diagnosi di autismo, devo ammettere che mi ci sono voluti anni. So che il corto è durato solo sei minuti, ma mi ci è voluto un po' prima che potessi accettare mio figlio per quello che è", ha detto Rubio in una recente intervista con CBR.
La verità è che ogni bambino/a entra nel mondo come un originale. Non c'è nessuno come loro sul pianeta. Anche i gemelli identici non sono identici in tutto e per tutto. Nessuno di noi, neurotipico o meno, è destinato a mimetizzarsi. Tutti noi, a modo nostro, ci distinguiamo.
Ma il corto che più colpisce è “Loop,” di Erica Milsom, in cui vediamo il primo personaggio autistico del mondo Pixar: "Una ragazza autistica non verbale e un ragazzo chiacchierone fa coppia in una gita in canoa. Per completare il loro viaggio attraverso un lago urbano, entrambi devono imparare come l'altro vive il mondo".
Innanzitutto, nel poster promozionale di "Loop" notiamo un arcobaleno del logo del film (un cenno al simbolo della neurodiversità), inoltre, la ragazza autistica in questione è una persona di colore. Troppo spesso nella cultura popolare i bambini dello spettro sono raffigurati come giovani ragazzi bianchi anche se l'autismo colpisce i bambini in paesi di tutto il mondo. E se è vero che negli Stati Uniti i ragazzi hanno quattro volte più probabilità di essere diagnosticati rispetto alle ragazze (1 su 37 contro 1 su 151, secondo i Centers for Disease Control and Prevention), la decisione di Milsom di ampliare la rappresentazione visiva di chi ne è affetto dall'autismo è una svolta degna di essere celebrata.
Renee (la protagonista) comunica solo con un’app del suo cellulare. I due dovranno imparare a conoscersi, a guardare il mondo con gli occhi dell’altro, e a capirsi. La forza di “Loop” è il modo realistico con cui viene rappresentato l’autismo della protagonista. Assistiamo allora ai silenzi di Renee, ai suoi tentativi di esprimersi con i versi, alle sue paure, che non sono quelle di tutti: per esempio i rumori, per i quali ha una sensibilità diversa da quella degli altri. “Loop” è la storia di due giovani apparentemente lontanissimi che alla fine imparano a comunicare.
Altro cortometraggio è "Cuerdas" (La Fiesta, 2014) di Pedro Solís García. In questo corto la piccola Maria vive in un orfanotrofio e accoglie con entusiasmo l’arrivo di un bambino affetto da paralisi cerebrale, vedendo in lui un compagno di giochi nonostante sia paralizzato su una sedia a rotelle. Maria cerca in tutti i modi di comunicare con lui e nel farlo gli vuole bene, molto bene. Dopo vent’anni, Maria è diventata maestra e porta ancora con sé un ricordo del piccolo amico disabile…
Consigliato: in situazioni in cui la diversità rischia di generare pregiudizio. E per parlare delle motivazioni profonde che ci fanno fare importanti scelte di vita.
Maria, a differenza degli altri, adulti e bambini, cerca in tutti i modi di andare oltre il pregiudizio e oltre la malattia. Perché l'amicizia non ha confini. Il regista ha vinto il premio Goya nel 2014 e la storia è ispirata a suo figlio Nicholas (affetto dalla stessa malattia del protagonista).
Sara Arrigo
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