Com’è possibile riconoscere grazie alla definizione riportata nell’Enciclopedia italiana Treccani, “l’abilismo è l’atteggiamento discriminatorio nei confronti di persone con disabilità”. Quando si parla di abilismo, infatti, si fa riferimento a quel sistema oppressivo e di marginalizzazione che colpisce le persone con disabilità. Questa definizione è importante in quanto ci aiuta ad analizzare l’abilismo in chiave intersezionale. Pertanto, come potremmo definire l’intersezionalità? L’intersezionalità è un concetto necessario per poter indicare l’intersezione di tutte le categorie che stanno alla base delle disuguaglianze sociali (tra cui anche la disabilità) e influenza il modo di approcciarsi a queste ultime. Analizzare l’abilismo in chiave intersezionale significa, dunque, combattere queste forme di oppressione e discriminazione considerando la persona nella sua interezza, non limitandosi a definirla unicamente per la sua disabilità ed evitando di imprigionarla in stereotipi in cui viene riconosciuta come inferiore.
TRA PASSATO E PRESENTE
L’individuo ha avuto la stessa percezione della disabilità nel tempo?
Analizzando l’identità sociale del disabile nei vari secoli, è possibile notare come questa sia stata soggetta ad importanti cambiamenti. Si pensi all’età greco-romana, in cui la disabilità suscitava disprezzo perché le caratteristiche fisiche di questa persona non rispettavano i canoni estetici prestabiliti. I filosofi Platone e Aristotele, ad esempio, condannavano la presenza di persone deformi all’interno della società. Anche secondo la cultura ebraica erano mostri che, a causa delle loro deformità, non potevano avvicinarsi a Dio. Questo pensiero era condiviso anche dalla società romana che, ereditando dalla cultura greca il culto del bello, considerava i disabili un disonore per l’intera stirpe.
Con la caduta dell’Impero Romano si fece sempre più forte questa visione negativa. La disabilità iniziò ad essere vista come una punizione, frutto dell’intervento di forze diaboliche. Il cristianesimo rese vivido il pensiero che il disabile fosse il figliə del peccato, specchio della trasgressione della madre ritenuta principale colpevole dell’anormalità del figliə partorito. Con l’Illuminismo e l’affermarsi della scienza e della medicina, cambiò radicalmente la concezione della disabilità che iniziò ad essere curata negli ospedali.
Con la fine della guerra mondiale il numero elevato di disabili portò a cambiare il modo di vedere queste persone, non più come mostri da allontanare dalla società, bensì come identità sociali bisognosi di aiuto, rispetto e comprensione. Cambiamento, purtroppo, ben presto frenato dall’avvento del nazismo che escluse, ancora una volta, i disabili ritenendoli persone non degne di vivere.
La vera svolta si ha con l’approvazione delle leggi negli anni ’70 del secolo scorso. Oggigiorno i disabili non vengono più considerati “malati” ma soggetti portatori di diritti come tutti gli altri.
PRESENTE DIGITALE: VERSO TECNOLOGIE PIÙ INLCUSIVE
Viviamo in un’era digitale dove tutto gira intorno a dispositivi elettronici. In una società di forti connessioni, non tuttə, però, hanno la possibilità di accedere a questi mezzi d’informazione. Questo provoca un divario tra “digitalmente attivi” e “digitalmente passivi”, vale a dire tra coloro che sono in grado e hanno i mezzi a disposizione per poter utilizzare le tecnologie e le persone che, invece, per mancanza di accessibilità non possono essere considerati come parte integrante di una comunità virtuale. Il perno, dunque, di questa disuguaglianza è proprio l’accessibilità. L’obiettivo è quello di superare queste barriere digitali creando tecnologie accessibili a tuttə, anche alle persone disabili, con la speranza che possano finalmente sentirsi accettatə come parte attiva della società digitale. Lo sforzo dovrebbe partire anche dai software e hardware che devono creare gli strumenti adatti per fornire accessibilità alle risorse informatiche. Si parla di tecnologie assistite AT, dall’inglese Assistive Technology, per far riferimento agli ausili informatici che aiutano la persona disabile nel corso della sua giornata per svolgere “compiti” di natura informatica. Nel caso di sensibilità sensoriali, ad esempio, occorre avvalersi di tecnologie assistive che compensino quella specifica disabilità; per i soggetti non vedenti si utilizza lo screen reader, un software in grado di sintetizzare vocalmente un testo scritto; nel caso di sensibilità motorie, riguardanti l’impossibilità nell’uso della tastiera e del mouse, si realizzano tecnologie assistive con dispositivi in input; invece, nel caso di disabilità cognitive, ovvero per le persone che hanno difficoltà di comprensione, si possono utilizzare sistemi di sintesi vocale.
È importante rendere accessibile sia i dispositivi elettronici, che consentano di navigare su Internet, che i siti web, utili per cercare informazioni e mettersi in contatto con il resto della comunità virtuale.
Roberta Trimarchi
Comments